Gruppoanalisi
Le psicoterapie di gruppo assumono una loro specificità durante la seconda guerra mondiale, a opera degli psicoanalisti W. Bion e S. H. Foulkes che, all’interno dell’ospedale militare di Northfield, ovviarono alla necessità di prendere in carico un gran numero di soldati traumatizzati mediante l’istituzione di piccoli gruppi. L’approccio gruppoanalitico vero e proprio venne definito teoricamente e tecnicamente grazie all’opera di Foulkes che considerò le interazioni di gruppo come un oggetto assolutamente nuovo e originale, non riducibile all’apporto dei singoli partecipanti. Con il passare del tempo, il pensiero gruppoanalitico si è esteso dai piccoli gruppi ai gruppi mediani e ai grandi gruppi, ma in questa sede ci riferiamo principalmente al piccolo gruppo analitico.
In questo modello, il gruppo è considerato come un “tutto”, un sistema con la sua atmosfera, le sue reazioni difensive, i suoi umori. Al tempo stesso, viene considerata di primaria importanza l’individualità di ogni membro, con le sue caratteristiche e i suoi bisogni. Quindi, in questo modello il focus viene mantenuto sia sull’individuo che sul gruppo, nella convinzione che il gruppo dia voce a una “matrice”, ossia una specifica rete di comunicazione in cui gli individui costituiscono i punti nodali. Il conduttore si pone l’obiettivo di concentrarsi sul processo comunicativo conscio e inconscio, in cui assumono rilevanza tanto il singolo individuo quanto il gruppo nel suo insieme.
All’interno di questa matrice, esperienze e atteggiamenti consolidati possono essere rivissuti in un’atmosfera di reciproca accettazione che può risultare terapeutica. Lo stile del conduttore non è direttivo, lascia spazio alla scelta personale dei singoli membri e si pone come uno “strumento” del gruppo. La sua posizione cambia a seconda delle fasi del gruppo: a mano a mano che la matrice emerge, egli tende a ritirarsi sullo sfondo, lasciando che il gruppo curi se stesso. I suoi interventi, inoltre, possono riferirsi sia all’individuo che al gruppo; questi ultimi equivalgono a un conclusivo e chiarificatore “tirare le fila”.
Obiettivo del gruppo terapeutico è la modificazione delle modalità relazionali e degli aspetti più profondi che generano sofferenza in ogni partecipante, attraverso la creazione di un campo mentale nuovo (il gruppo) che facilita lo scambio, la condivisione, l’apertura di pensiero e il conseguimento di adeguate modalità comunicative.
Le sedute di un gruppo analitico si svolgono a cadenza settimanale e sono della durata di un’ora e un quarto ciascuna. I partecipanti siedono in cerchio, insieme al conduttore, in modo che tutti possano guardarsi in faccia. Non ci sono argomenti prestabiliti o programmi da rispettare, le sedute prendono il via a partire dalle libere associazioni dei partecipanti. Ognuno ha la possibilità di intervenire in qualsiasi momento.
Il gruppo è “semi-aperto”: a intervalli più o meno lunghi, possono entrare nuovi partecipanti, mentre altri terminano il loro percorso. Per ogni potenziale partecipante, sono previsti, inoltre, 3 o 4 incontri preliminari con il terapeuta, durante i quali è possibile conoscere la storia e le motivazioni della persona interessata, e costruire un rapporto di fiducia. In tali colloqui conoscitivi, si mira a rilevare e analizzare i bisogni, le aspettative e la domanda di ogni singolo partecipante. Inoltre, si valuta l’idoneità alla partecipazione a un gruppo terapeutico. A tal fine si prendono in considerazione: disposizione all’ascolto empatico dell’altro, capacità di accogliere e fornire feedback, potenzialità di condivisione e partecipazione a un dispositivo comune, capacità introspettive e di mentalizzazione.